Ascensione di Cristo, 1483
olio su tavola (200 x 100 cm)- Opera: Ascensione di Cristo, 1483 - olio su tavola (200 x 100 cm)
- Autore: Ludovico Brea (* 1450 ca., + 1522-1525 ca.)
- Provenienza dell\’opera: Galleria Nazionale di Palazzo Spinola
- Direzione dei lavori: affidato alla ditta Nino Silvestri Restauri s.n.c.
- Indagini scientifiche: ditta Nino Silvestri Restauri s.n.c.
- Contributo:
- Documentazione Fotografica: Galleria Nazionale di Palazzo Spinola
Questa fondamentale testimonianza della produzione di Ludovico Brea venne menzionata dallo storico ligure Raffaele Soprani all’interno della biografia dedicata all’artista contenuta nelle Vite de’ Pittori, Scoltori ed Architetti Genovese, e de’ Forastieri che in Genova operarono edite nel 1674.
Lo storico ricordò infatti la presenza “in S. Maria di Consolazione” di Genova della “Gloriosa Ascensione di Cristo Salvator Nostro” recante in basso l’iscrizione “Ad laudemsummi, scandentisque Etera Christi; Petrus de Fattio divino munere fecit hoc opus impingiLudovico Niciae natus 1483. die 17 Augusti. Sulla base di quanto riportato nella suddetta iscrizione, andata perduta in quanto verosimilmente inserita in corrispondenzadel bordo inferiore della carpenteria, il dipinto, che in origine costituiva lo scomparto centrale di un’ancona di notevoli dimensioni poi smembrata, fu commissionato all’artista dal notaio genovese Pietro Di Fazio nel 1483 per la propria cappella sita nell’antica chiesa della Consolazione in Artoria (Val Bisagno), come ulteriormente ribadito nel secolo seguente da Carlo Giuseppe Ratti rielaborando la biografia seicentesca tracciata da Soprani (R. Soprani,C.G. Ratti, Vite de’ pittori, scultori et architetti genovesi e de’ forestieri che in Genova operarono, Genova 1768).
Della tavola, trasferita nella nuova sede della chiesa della Consolazione, edificata a partire dal1682 nel borgo di San Vincenzo, risultavano perse le tracce almeno dalla fine del XVIII secolo. Come documentato da Federigo Alizeri la tavola fu in seguito acquistata “con signorile animo incerto paesello della Riviera” dai “patrizi Negrotto” e nel 1868 venne esposta, con l’attribuzionea Ludovico Brea, dal marchese G.B. Negrotto-Cambiaso in occasione dell’Esposizione Artistico Archeologico Industriale allestita presso l’Accademia Ligustica di Genova. Segnalato in numerosi studi pubblicati nel corso del Novecento quale importante tassello per la ricostruzione dell’intera biografia di Brea e, nello specifico, della sua attività per la Superba –dove soggiornerà in più occasioni collaborando con artisti come Lorenzo Fasolo e Giovanni Barbagelata venendo così in contatto con la produzione rinascimentale di matrice lombarda -, la pala, che allo stato attuale delle ricerche costituisce la prima opera eseguita da Brea per un mecenate genovese, è stata sottoposta nuovamente all’attenzione della critica in epoca recente grazie in particolare alla pubblicazione di contributi che hanno permesso di meglio precisare e ampliare le conoscenze relative al dipinto, nel frattempo rintracciato presso una collezione privata, dove giunse per via ereditaria dalla famiglia Negrotto-Cambiaso.
Si devono infatti ad Anna De Floriani e Claire-Lisa Bionda due importanti approfondimenti sull’opera, ritenuta da entrambe le studiose uno dei vertici della produzione di Ludovico Brea (C.L. Bionda,L’Ascension de Louis Bréa. Un inédit retrouvé dans una collection privée, in “L’Oeil”, 434,settembre 1991, pp.35-37), confermandone in questo modo la completa autografia, del resto mai smentita dalla critica, come illustrato ancor più recentemente sempre dalla Schwok (C.L.Schwok, Louis Bréa ca. 1450 – ca. 1523, Parigi 2005, scheda P.2, pp. 131 – 132).
Sono numerose le influenze individuabili nella preziosa immagine, dai debiti nei confronti della lezione fiamminga e franco-provenzale percepibili tanto nella definizione del brano paesaggistico quanto nella costruzione dei due angeli posti ai lati del Salvatore, al clima mediterraneo riscontrabile nell’impiego della superficie dorata, di ricercatezze cromatiche e luministiche.
La tavola era inserita al centro di un’ancora di notevole dimensioni che, come nel caso della Pala della Vergine della Misericordia di Taggia realizzata tra il 1438 e il 1488, doveva presentare ai lati quattro figure di santi a figura intera e nel registro superiore altrettante immagini a mezza figura. Il tutto era inserito all’interno di una complessa cornice dorata di gusto tipicamente ligure, elemento di cui si sono conservate alcune parti che contornano il manufatto di collezione privata connotate da un ricco e minuzioso motivo a giorno finemente lavorato.
La straordinaria qualità esecutiva dell’opera è ulteriormente palesata da dettagli come l’accurata stesura dei tratti somatici degli apostoli, indagati singolarmente quasi si trattassero di ritratti, la lavorazione delle numerose teste di cherubini che circondano la solenne immagine centrale, nonché la stesura, alla stregua di un oggetto di oreficeria, di alcune iscrizioni inserite in corrispondenza del collo e del bordo inferiore della veste indossata dal Cristo.
(a cura di Gianluca Zanelli, conservatore Galleria Nazionale di Palazzo Spinola)